INTERVIEW ON ANDYMAG
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Quarant’anni (…41, per la precisione) e non sentirli; piuttosto, provare a farli sentireagli altri – e per intero – attraverso nuances armoniche sempre nuove, sperimentazioni in connubio anche con attori teatrali e artisti visivi come Carlo Ragone o Stefano Tonelli. Luca Nostro è uno dei più versatili chitarristi jazz della scena italiana, anzi italoamericana: i suoi lavori discografici hanno infatti un radicatissimo imprinting Usa e il suo cuore musicale, almeno in parte, è inevitabilmente stars&stripes.
Difficile immaginarsi globetrotter del jazz, quando sei ancora un “ragazzo di borgata”…
La mia vita è stata sempre segnata un po’ dal tormento. Ho vissuto perennemente di corsa, perché sono abituato da sempre a fare tante cose insieme. A dieci anni ho iniziato a studiare pianoforte e al tempo stesso giocavo a pallacanestro, che allora per me era la cosa più importante… facevo il playmaker, ho giocato a lungo anche in serie C. Poi il liceo… Insomma, per tanti anni ho mantenuto più impegni simultaneamente. Diciamo che per sposare il Sogno, per giungere alla decisione concreta di fare solo il musicista, l’ho presa un po’ alla larga…
Non eri convinto d’intraprendere la carriera musicale?
In realtà avrei voluto occuparmi di filosofia; e poi questa passione l’ho ripresa anche, approfondendo visceralmente la filosofia della musica. In seguito, col passare degli anni, ho ristretto il campo a quel che volevo “veramente” fare e tutto il resto, dal basket alla laurea in Giurisprudenza, è passato un po’ in secondo piano. Un bagaglio di formazione che comunque non mi lascia mai.
Più che intrigante è invece il tuo legame con la Grande Mela…
In effetti, a New York ho inciso i miei quattro dischi, tre dei quali come leader. E lì, se è per questo, grazie ai playground nelle mie mattinate statunitensi ho trovato anche una “seconda giovinezza” cestistica… in fondo, tutto torna. Ma questo è un altro discorso!
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